mercoledì 17 febbraio 2016

POwer POses: the SAfety POwer of WEllness

Quante volte ci si è chiesti quanto lo stress e le condizioni che lo inducono, come la valutazione di una prova o il superamento di un esame, incidano sulle prestazioni messe in campo nell’esecuzione di quella prova e di quel test di valutazione? Sicuramente, in tali circostanze, siamo fuori dalla nostra area di comfort, abbiamo una pressione psicologica che, se non siamo in grado di riconoscerla e gestirla, potrebbe causarci parecchi problemi; sudorazione, palpitazioni e presagi negativi ci offuscano la mente.
Tutti questi ingredienti accomunano ogni lavoratore autonomo o dipendente, sia egli inserito in fabbrica, in azienda o in qualsiasi altro luogo; lo stress indotto da chi ci chiede di fare qualcosa e magari ci chiede di farlo bene, in poco tempo e senza margine di errore. Subito, cominciamo ad essere a disagio. Tutti questi fattori si ripercuotono non solo nello svolgimento della nostra mansione o del nostro compito, ma anche nella percezione della sicurezza necessaria ad eseguirlo. Il nostro focus sarà incentrato principalmente sull’esecuzione del compito e non sulle modalità di svolgimento dello stesso: fretta, paura di non farcela e paura di sbagliare, spesso ci fanno dimenticare atteggiamenti e comportamenti in favore di sicurezza che dovremmo invece adottare in modo automatico.
Un esempio pratico che mi viene in mente a proposito di comportamenti automatici in favore di sicurezza, riguarda la cintura di sicurezza in auto: non importa quanto andiamo di fretta o quanta strada dobbiamo percorrere: il primo gesto automatico che eseguiamo appena preso posto all’interno dell’abitacolo è allacciare la cintura. Inizialmente non era così, prima che vi fosse l’obbligo e quando sono iniziate le prime campagne di sensibilizzazione, l’automobilista valutava l’opportunità di usare la cintura in base al tragitto e alla sua distanza, alla fretta ed al poco tempo a disposizione per raggiungere la meta.
Se ci pensiamo un attimo, sono tutte azioni dominate dalle nostre condizioni emozionali e non di ragionamento, tutti impulsi ad agire velocemente, senza alcun criterio apparente, se non rispondere agli ordini del “sequestro emotivo” cui siamo soggetti e che dà libero sfogo alla fretta e alla furia di arrivare puntuali in un determinato posto. Magari il posto in cui dobbiamo illustrare ad un committente un lavoro fatto da noi, un posto “stressante” in cui dobbiamo gestire obiezioni e potenziali situazioni di insoddisfazione. E se rimaniamo impigliati nel traffico? Bè certamente non slacciamo la cintura per arrivare prima, ma sicuramente appena la strada si sgombra, ostaggi delle nostre emozioni, acceleriamo in modo scriteriato diminuendo la nostra sicurezza e quella degli altri utenti della strada.
Gestire la nostra sicurezza dunque ha a che fare con la gestione delle nostre emozioni; il lavoro diventa dunque un ambito importante, dove i “sequestri emotivi” possono essere frequenti ed “invalidanti”; solo in condizioni di basso stress (badate non troppo basso!!) e autoconsapevolezza di sé, si riesce a pensare alla sicurezza in ciò che si fa. Ma se il percorso per raggiungere questi traguardi fosse troppo lungo, come migliorare fin da subito spendendo poco del nostro tempo ogni giorno?

Ecco la risposta: High Power poses!!! Contrariamente a quanto il nostro pensiero automatico faccia, associando benessere psichico a posture che assecondino e che rispecchino tale condizione mentale, le straordinarie ricerche della psicologa sociale Amy Cuddy, dimostrano che la relazione tra posture e “comfort mentale”, condizione caratterizzata da basse concentrazioni di cortisolo e alte concentrazioni di testosterone, sia biunivoca. Assumendo cioè posture di “dominio”, si abbassa conseguentemente il nostro livello di stress: Amy ha sperimentalmente verificato tale fenomeno coinvolgendo circa 60 persone. L’esperimento consisteva nel valutare queste persone durante un colloquio di lavoro, giudicando le capacità di linguaggio (contenuto, struttura) e le capacità di presentazione (accattivare, coinvolgere). Prima del colloquio ai diversi partecipanti è stato chiesto di assumere, per alcuni posizioni di dominio (High Power Poses), per altri posizioni di sottomissione (Low Power Poses).



Esempi High Power poses





Esempi Low Power Poses





Le valutazioni durante la prova hanno evidenziato che, chi aveva assunto posizioni di forza prima del test, aveva quantità di cortisolo (ormone dello stress) sensibilmente più basse e livelli di testosterone (ormone del predominio) incrementati. Situazione inversa invece per chi aveva assunto posizione di “chiusura” e remissione. In termini di performance, le qualità verbali non sono state incrementate con le posizioni di forza assunte in precedenza, ma sono migliorate le abilità non verbali relative alla gestualità, alla capacità di sorridere, di protendersi verso l’altro, assumendo posizioni aperte e maggiormente empatiche. Tutte capacità fondamentali in termini di coinvolgimento e impressione positiva; qualità risultate poi decisive nella formulazione del giudizio, dopo aver concluso il colloquio.
Ma da dove arriva tale intuizione? Se le forme di comunicazione verbale sono le ciò che ci distingue dagli animali, i comportamenti non verbali invece ci riavvicinano ad essi; le scimmie che occupano lo spazio aprendo le braccia, il gorilla che spaventa le sue prede battendo i pugni al petto, sono la dimostrazione di come le condizioni mentali e sociali si traducono nel linguaggio corporeo.
Gli sportivi sono un altro ottimo esempio di come le posizioni di forza si traducano nel linguaggio del corpo; forza che negli sport di fatica e di alta intensità si traduce in volontà e capacità di raggiungimento degli obiettivi: l’apertura delle braccia di un centometrista allo scoccare del decimo secondo, la vittoria di un pugile per k.o., il cestista che esulta per l’ultimo canestro. Ho volutamente posto l’accento sulla vittoria per ko del pugile: avete mai notato di come i pugili alzino le braccia quando terminano l’incontro ai punti? Bè fateci caso perché il gesto di esultazione non è naturale né troppo convinto; il gesto viene fatto solo per influenzare la giuria, visto che tali atteggiamenti non verbali, come abbiamo visto, hanno la forza di influenzare le nostre opinioni ed il giudizio.