Quante volte ci si è chiesti
quanto lo stress e le condizioni che lo inducono, come la valutazione di una
prova o il superamento di un esame, incidano sulle prestazioni messe in campo
nell’esecuzione di quella prova e di quel test di valutazione? Sicuramente, in
tali circostanze, siamo fuori dalla nostra area di comfort, abbiamo una
pressione psicologica che, se non siamo in grado di riconoscerla e gestirla,
potrebbe causarci parecchi problemi; sudorazione, palpitazioni e presagi
negativi ci offuscano la mente.
Tutti questi ingredienti
accomunano ogni lavoratore autonomo o dipendente, sia egli inserito in
fabbrica, in azienda o in qualsiasi altro luogo; lo stress indotto da chi ci
chiede di fare qualcosa e magari ci chiede di farlo bene, in poco tempo e senza
margine di errore. Subito, cominciamo ad essere a disagio. Tutti questi fattori
si ripercuotono non solo nello svolgimento della nostra mansione o del nostro
compito, ma anche nella percezione della sicurezza necessaria ad eseguirlo. Il
nostro focus sarà incentrato principalmente sull’esecuzione del compito e non
sulle modalità di svolgimento dello stesso: fretta, paura di non farcela e
paura di sbagliare, spesso ci fanno dimenticare atteggiamenti e comportamenti
in favore di sicurezza che dovremmo invece adottare in modo automatico.
Un esempio pratico che mi viene
in mente a proposito di comportamenti automatici in favore di sicurezza,
riguarda la cintura di sicurezza in auto: non importa quanto andiamo di fretta
o quanta strada dobbiamo percorrere: il primo gesto automatico che eseguiamo
appena preso posto all’interno dell’abitacolo è allacciare la cintura.
Inizialmente non era così, prima che vi fosse l’obbligo e quando sono iniziate
le prime campagne di sensibilizzazione, l’automobilista valutava l’opportunità
di usare la cintura in base al tragitto e alla sua distanza, alla fretta ed al
poco tempo a disposizione per raggiungere la meta.
Se ci pensiamo un attimo, sono
tutte azioni dominate dalle nostre condizioni emozionali e non di ragionamento,
tutti impulsi ad agire velocemente, senza alcun criterio apparente, se non rispondere
agli ordini del “sequestro emotivo” cui siamo soggetti e che dà libero sfogo
alla fretta e alla furia di arrivare puntuali in un determinato posto. Magari
il posto in cui dobbiamo illustrare ad un committente un lavoro fatto da noi,
un posto “stressante” in cui dobbiamo gestire obiezioni e potenziali situazioni
di insoddisfazione. E se rimaniamo impigliati nel traffico? Bè certamente non
slacciamo la cintura per arrivare prima, ma sicuramente appena la strada si
sgombra, ostaggi delle nostre emozioni, acceleriamo in modo scriteriato
diminuendo la nostra sicurezza e quella degli altri utenti della strada.
Gestire la nostra sicurezza dunque
ha a che fare con la gestione delle nostre emozioni; il lavoro diventa dunque
un ambito importante, dove i “sequestri emotivi” possono essere frequenti ed
“invalidanti”; solo in condizioni di basso stress (badate non troppo basso!!) e
autoconsapevolezza di sé, si riesce a pensare alla sicurezza in ciò che si fa.
Ma se il percorso per raggiungere questi traguardi fosse troppo lungo, come
migliorare fin da subito spendendo poco del nostro tempo ogni giorno?
Ecco la risposta: High Power
poses!!! Contrariamente a quanto il nostro pensiero automatico faccia, associando
benessere psichico a posture che assecondino e che rispecchino tale condizione
mentale, le straordinarie ricerche della psicologa sociale Amy Cuddy,
dimostrano che la relazione tra posture e “comfort mentale”, condizione
caratterizzata da basse concentrazioni di cortisolo e alte concentrazioni di
testosterone, sia biunivoca. Assumendo cioè posture di “dominio”, si abbassa
conseguentemente il nostro livello di stress: Amy ha sperimentalmente verificato
tale fenomeno coinvolgendo circa 60 persone. L’esperimento consisteva nel
valutare queste persone durante un colloquio di lavoro, giudicando le capacità
di linguaggio (contenuto, struttura) e le capacità di presentazione (accattivare,
coinvolgere). Prima del colloquio ai diversi partecipanti è stato chiesto di
assumere, per alcuni posizioni di dominio (High Power Poses), per altri
posizioni di sottomissione (Low Power Poses).
Esempi High Power poses
Esempi Low Power Poses
Le valutazioni durante la prova
hanno evidenziato che, chi aveva assunto posizioni di forza prima del test,
aveva quantità di cortisolo (ormone dello stress) sensibilmente più basse e
livelli di testosterone (ormone del predominio) incrementati. Situazione
inversa invece per chi aveva assunto posizione di “chiusura” e remissione. In
termini di performance, le qualità verbali non sono state incrementate con le
posizioni di forza assunte in precedenza, ma sono migliorate le abilità non
verbali relative alla gestualità, alla capacità di sorridere, di protendersi
verso l’altro, assumendo posizioni aperte e maggiormente empatiche. Tutte
capacità fondamentali in termini di coinvolgimento e impressione positiva;
qualità risultate poi decisive nella formulazione del giudizio, dopo aver
concluso il colloquio.
Ma da dove arriva tale
intuizione? Se le forme di comunicazione verbale sono le ciò che ci distingue
dagli animali, i comportamenti non verbali invece ci riavvicinano ad essi; le
scimmie che occupano lo spazio aprendo le braccia, il gorilla che spaventa le
sue prede battendo i pugni al petto, sono la dimostrazione di come le
condizioni mentali e sociali si traducono nel linguaggio corporeo.
Gli sportivi sono un altro ottimo
esempio di come le posizioni di forza si traducano nel linguaggio del corpo;
forza che negli sport di fatica e di alta intensità si traduce in volontà e
capacità di raggiungimento degli obiettivi: l’apertura delle braccia di un centometrista
allo scoccare del decimo secondo, la vittoria di un pugile per k.o., il
cestista che esulta per l’ultimo canestro. Ho volutamente posto l’accento sulla
vittoria per ko del pugile: avete mai notato di come i pugili alzino le braccia
quando terminano l’incontro ai punti? Bè fateci caso perché il gesto di
esultazione non è naturale né troppo convinto; il gesto viene fatto solo per
influenzare la giuria, visto che tali atteggiamenti non verbali, come abbiamo
visto, hanno la forza di influenzare le nostre opinioni ed il giudizio.
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